Occelli Giovanni Battista non era un alpino, anche se la croce che lo ricorda è collocata nella fila dei monumenti più antichi, quella che corre lungo il santuario in direzione di Vignolo.

A San Maurizio lo si ricorda come un personaggio ben importante, essendo stato per tanti anni il “custode”, fino al 1964, come dice la scritta. Sul modello degli antichi eremiti, si prendeva cura del santuario, occupandosi in particolare del suono della campana.

“Questa campana suonava il mezzogiorno”, scrive Don Michele Parola sul bollettino nel settembre 1996, “l’Ave Maria finché ci sono stati abitanti sul colle, e soprattutto suonava a festa una volta all’anno, quando ricorreva la festività di S.Maurizio”.

Ricorda la nipote Rosalba, che nonno suonava al mattino, recandosi da solo alla vecchia cappella, la San Maurizio del XV secolo, ribattezzata dal governo francese San Matteo per non confonderla con il “nuovo santuario” realizzato tra fine ‘600 e inizio ‘700. Andava pregando: diceva le “orazioni”, le preghiere del buon cristiano, un po’ in italiano e un po’ in piemontese e i nipoti sorridevano del suo biascicare cose per loro poco comprensibili. Ma la nonna li sgridava: ” Buoni, nonno sta pregando!”

Per l’Ave Maria della sera, Rosalba e nonno andavano insieme. E la bambina si divertiva un mondo a suonare lei stessa, appendendosi alla campana che la sollevava verso l’alto. Ricorda bene che entrava dalla porta in direzione del santuario, attraversava la sacrestia, passava nella vecchia cappella e dava il via alla danza con la corda della campana.

Di lassù si “suonava il tempo”: quando minacciava il temporale, ci si rivolgeva al Signore anche con l’aiuto della campana; chissà, forse il Signore ascoltava di più o forse il suono dalla campana serviva a rompere la massa delle nuvole…

Oggi i nipoti, che arrivano da  Vignolo, Gaiola, Busca, Torino…, si sono ritrovati nel nome dei nonni, Giovanni Battista e Margherita, con zia Lucia, 92 anni, figlia del custode; hanno fatto una bella tavolata davanti alla casa in cui abitavano, poi sono saliti al santuario, ne hanno appreso la lunga storia, hanno fatto visita alla croce del nonno, per ritornare alle loro case portando una ricchezza in più: la consapevolezza di un legame con la montagna, con un pezzo di storia che i nonni hanno contribuito a scrivere, con i ricordi condivisi.

mb