Guardando la pianura da San Maurizio si contano decine di campanili…

Mi sono sempre piaciuti i campanili… Guardarli, salirvi, disegnarli durante le ore noiose di scuola o lunghe telefonate, fotografarli…

Mi sono sempre piaciuti. Forse perché sono un po’ quello che vorrei essere io: solidi, ben piantati per terra, magari come alcuni elevati su speroni di roccia, ma protesi verso il cielo, dita puntate ad indicare qualcosa che non si vede…

E se hai la possibilità di vederli dall’alto, come da questo santuario, ti paiono non più dita, o torri, ma aghi, aghi piantati là dove vive, o viveva, l’uomo, aghi di diversa forma, dimensione, lunghezza, aghi di una gigantesca agopuntura….

Sì, mi piace pensarli così i campanili: una pratica terapeutica per lenire i mali, il male, che sempre convive con l’umanità. Guardare quelle dita protese al cielo, con la copertura in legno, o in lamiera, udire i rintocchi delle loro secolari campane, vedere le croci che sulla loro punta si stagliano contro il cielo, è un aiuto alla memoria. Aiuto a ricordare che il male è vinto, anche il male estremo, anche la morte.

Anche il nostro piccolo santuario ha questa pretesa, con i suoi due titolari: San Maurizio e la Madonna degli alpini.

Entrambi ci possono insegnare qualcosa… E insegnare non è soltanto una cosa intellettuale, in-segnare è segnare dentro, segnare la memoria, segnare la coscienza di ciascuno.

San Maurizio con il suo martirio ci deve in-segnare: lui che coi suoi compagni viene ucciso perché si rifiuta di massacrare degli innocenti ci insegna che la verità è più importante anche della propria vita, va difesa anche al prezzo della propria vita, fino a lasciarci la pelle…

E anche le croci e i cippi dedicati alla Madonna degli alpini ci in-segnano: “Jamais plus la guerre, mai più la guerra!” Fu il grido lanciato da Paolo VI nel suo celebre discorso all’ONU. Anche il nostro santuario vuole lanciare lo stesso grido. Non è soltanto un ricordo, è ben di più, è un monito per tutti quelli che salgono quassù: “Tutto si perde con la guerra e nulla si perde con la pace”, come ripeteva Pio XII…

Noi allora saliamo quassù dove possiamo incontrare Maurizio e i nostri alpini che “sono andati avanti”, perché troviamo sul “nostro” sentiero le “loro” tracce, come nel cammino in montagna quando finalmente, dopo un po’ che si cammina in mezzo ai cespugli o al ghiaione, si ritrova la traccia del sentiero, che fa riapparire la via per la vetta.

Don Tonino